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popolo della famiglia logodi Mario Adinolfi

Ci sono dirigenti e militanti del Popolo della Famiglia che si arrabbiano molto quando uso la definizione "fuoco amico" relativamente a quei cattolici che hanno deliberatamente e in ogni modo tentato di delegittimare il movimento nato dall'attività di alcuni protagonisti dei Family Day, mirando prima di tutto alla delegittimazione personale di chi lo aveva fondato. Dicono questi esponenti del PdF che non c'è alcuna "amicizia", neanche residuale, in quel fuoco.

E certo se Jacopo Coghe evoca il "pubblico scandalo" relativamente al sottoscritto e mia moglie (facendo contemporaneamente i selfie con Matteo Salvini e campagna per Giorgia Meloni, in regolarissima situazione matrimoniale entrambi, se sa), se Assuntina Morresi chiede le dichiarazione dei redditi non solo mia ma di tutti i miei parenti degli ultimi dieci anni (sostenendo per Roma Marchini e la lista alfanoide di Roma Popolare, risultato uno per cento come il Pdf, nonostante fosse guidata dal ministro di cui è consulente), se Riccardo Cascioli il giorno in cui approvano il ddl Cirinnà non trova articolo migliore con cui aprire l'edizione della Bussola se non con un titolo ("Adinolfi è a favore delle unioni civili") che avrebbe meritato denuncia immediata all'Ordine dei Giornalisti per palese menzogna dopo tre anni passati a prendere pietrate in giro per l'Italia per la "colpa" di aver spiegato i danni del ddl sulle unioni civili al paese e allo stesso addormentato mondo cattolico, insomma se questi erano gli argomenti chi mi rimprovera l'utilizzo dell'espressione "fuoco amico" un brandello di ragione pare avercela.

Io invece non rinuncio all'idea di considerare tutti gli attacchi subiti dagli ambiti contigui a quelli dell'esperienza del Popolo della Famiglia, come forgiati da un fastidio derivante da un'amicizia che alcuni hanno considerato tradita. Certo, c'era pretestuosità in chi se la prendeva con il mio divorzio di decenni fa e poi votava il fresco divorziato Marchini e c'era pretestuosità in chi rimproverava il crocifisso "troppo grande" che Gianfranco Amato porta al collo e in tutta la campagna elettorale non trovava uno spazio neanche piccolissimo per testimoniare una qualche ragione di fede rispetto alle proprie scelte politiche. Ma noi ogni accusa l'abbiamo sopportata in silenzio, il nostro stile è stato non rispondere mai. Avevamo da fare. Costruire il soggetto politico a presidio dei principi non negoziabili, visto che i politici cattolici avevano aperto un negozio e se li erano venduti per 15 denari.

Ai miei amici ho sempre detto: esiste una distinzione di natura politica ed è una distinzione legittima. Noi non abbiamo utilizzato gli insulti personali, loro sì, continuamente. Ma al netto di questo che è tutto sommato un dettaglio, la questione è molto semplice: c'è chi pensa che si debbano sostenere partiti già strutturati agendo come lobby e contando di essere da loro cooptati nelle istituzioni, in rappresentanza di quella stessa lobby; c'è chi ritiene che questo meccanismo, già sperimentato negli ultimi decenni e acuitosi con l'ultima legislatura, abbia dato proprio nell'ultima legislatura e soprattutto dopo i Family Day (massima espressione mobilitativa del mondo cattolico sul piano civile) pessima prova di sé, conducendo al disastro del ddl Cirinnà approvato per mano e addirittura ispirazione di una marea di parlamentari cattolici eletti nel centrodestra come nel centrosinistra. La valutazione di questo disastro è sotto gli occhi di tutti e la nostra risposta è stato fondare il Popolo della Famiglia.

Questa è la natura del confronto oggi. Certo, ci sono anche quelli disturbati nelle micro-rendite di posizione, come Carlo Giovanardi e Eugenia Roccella e pochi altri. Loro ci hanno rimproverato il coraggio anche organizzativo che noi abbiamo avuto, loro no perché sono senza popolo. Mi dispiace, perché sinceramente li considero persone a cui dobbiamo essere grati e ho umana simpatia per chi ha fatto il giapponese in Parlamento. Ma ora la necessità è di natura politica e chiedere un'adesione sic et simpliciter a questo centrodestra "per condizionarlo" (cioè per ottenere posti in lista per i suddetti) non comprende politicamente la gravità della situazione. Solo confrontandosi con la faticosissima esperienza della ricerca del consenso le posizioni a difesa dei principi non negoziabili torneranno ad avere dignità politica. La ricerca dell'ennesima cooptazione salverà dei destini individuali, non la battaglia nel suo complesso. Che avrà vita solo se avrà voti: voti propri, trasversali, provenienti da destra come da sinistra e tantissimi dal campo dell'astensione.

Molti dei candidati del Popolo della Famiglia provenivano dall'esperienza del Partito democratico, altri da esperienze di destra anche estrema e numerosi erano simpatizzanti del Movimento cinque stelle di cui hanno sperimentato la carica a-valoriale. La stragrande maggioranza, poi, si erano astenuti per decenni e non sapevano nulla di voto disgiunto e di come si esprimono correttamente le preferenze, alcuni anche perché giovani o giovanissimi. Questo è il patrimonio del Popolo della Famiglia che non può essere svenduto alle contraddittorie coalizioni esistenti, neanche a quella di centrodestra, in cambio di qualche comoda poltroncina. Certo, potremmo farlo, anche in queste ore. Ci hanno steso il tappeto rosso perché in tutte le città il nostro uno per cento rischia di essere determinante. Ma l'assemblea nazionale è sovrana e ha votato: andremo alle urne, annulleremo le schede a meno che qualche candidato sindaco andato al ballottaggio non ci chiederà di andare in conferenza stampa con lui per annunciare la sua obiezione di coscienza alle unioni gay. Principi. Non. Negoziabili.

Dunque il confronto è questo e il "fuoco amico" davanti a questa distinzione è inevitabile. Chi vuole reggere la coda ai soliti partiti e alle solite coalizioni che hanno provocato il disastro credendo di essere cooptati al potere in rappresentanza del Family Day, ha una strategia precisa. Chi vuole formare un soggetto politico autonomo e trasversale, capace di parlare a tutti compreso chi non ha fede della centralità della famiglia naturale e della necessità della tutela della vita, ha fondato il Popolo della Famiglia per misurarsi con il consenso. Ha portato a casa un primo risultato: 1.07% nazionale, oltre trentamila voti al simbolo Pdf (oltre trentacinquemila se considerassimo i voti municipali, zonali, di quartiere, di circoscrizione ma li abbiamo mediati con i 25.375 voti presi alle comunali), oltre cinquantaduemila ai candidati sindaco che abbiamo indicato anche se a me dispiace moltissimo aver preso settecento voti più della mia lista, avrei volentierissimamente rinunciato a questa soddisfazione personale. Perché non si tratta di questioni personali. Siamo dentro a una questione politica, ad una decisiva vicenda politica.

In gioco c'è la futura capacità di difesa dei principi non negoziabili, del diritto alla vita, della possibilità per i bambini di avere diritto a una mamma e a un papà, della battaglia contro la terrificante visione antropologica di chi vuole trasformare le persone in cose. Un territorio così vasto che va al di là delle ragioni del mondo cattolico e che, eppure, dallo sforzo dei cattolici non può prescindere. Sarebbe bello, come hanno scritto sulla Bussola Quotidiana padre Maurizio Botta e Costanza Miriano, che all'appuntamento con le politiche il Popolo della Famiglia possa far fruttare questo uno per cento preso alle amministrative senza dover subire fuoco amico. Sarebbe bello e anche necessario. Non accadrà.

Quello che possiamo fare noi è dichiarare disarmo unilaterale. Il Popolo della Famiglia, come ha dimostrato in campagna elettorale, non reagirà ad alcuna forma di attacco proveniente da ambito cattolico. Subirà e umanamente comprenderà le ragioni degli attacchi, per come qui spiegate. Porterà avanti solo le proprie ragioni, i propri uomini e le proprie donne con le loro storie, i propri programmi. Condividerà tutti i passaggi pubblicamente, come accaduto con la recentissima assemblea nazionale, dove un popolo ha democraticamente votato e preso decisioni rendendo protagonisti i propri iscritti. Costruirà una comunità vasta e entusiasta, priva di astio e di rancori, che prima che dannosi sono soprattutto inutili. Ci comporteremo da fratelli che guardano altri fratelli che sbagliano, ma non per questo invocano una superiorità morale. Su quella giudica solo Dio. Noi, da uomini, pensiamo a fare quel che possiamo.

Fonte: facebook
13 giugno 2016