Ultime

Uno spin doctor politico per l'Italia

mirror de www.ilcattolico.it

per aiutare una coscienza politica e le scelte referendarie.

NOTA! Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili.

Se non si modificano le impostazioni del browser, l'utente accetta. Per saperne di piu'

Approvo

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Navigando questo sito, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di piĆ¹ vai alla pagina della legislazione europea e clicca qui

Da E' Famiglia. Matrimonio? No grazie, siamo inglesi. E preferiamo convivere. Una ricerca condotta di recente dall’Istituto nazionale di statistiche lo conferma: il numero dei matrimoni in Gran Bretagna è crollato ai minimi storici raggiungendo la quota più bassa dal 1896. Nel 2005, si legge nel rapporto dell’Istituto, ci sono stati 244.710 matrimoni in Inghilterra e Galles mentre un anno prima erano 273.070. Un crollo verticale che non promette affatto bene nemmeno per il futuro. «Se il governo non decide di incoraggiare i giovani a sposarsi – ha spiegato a È famiglia Robert Whelan della Civitas, l’istituto per lo studio della società civile – l’istituzione del matrimonio, che tiene in piedi la nostra società, cadrà in un declino inarrestabile». E continua: «Non è eccessivo parlare di morte del matrimonio. Il governo sta scoraggiando le coppie dall’unirsi davanti alla legge e davanti a Dio.

Lo fa indirettamente attraverso una serie di politiche nuove. Non esiste più per esempio un riconoscimento del matrimonio nel sistema fiscale e la distinzione tra unioni legali e coppie di fatto è stata praticamente abolita. Di questo passo – spiega ancora Robert Whelan –, tra 25 anni la metà degli uomini britannici quarantenni e più di un terzo di coetanee donne non si sarà unito in matrimonio».

Iain Duncan Smith, ex leader dell’opposizione e attuale capo del Gruppo di politica sociale dei conservatori, è d’accordo con la diagnosi dello studioso: «In Inghilterra le coppie sposate a basso reddito sono penalizzate rispetto ai single. Il governo rifiuta di aiutarle come invece fa con i genitori soli».

Le statistiche che confermano il declino dei matrimoni giungono in un momento in cui la Law Commission, che riunisce i consiglieri legali del governo, preme per introdurre piani che promuovano la convivenza e per garantire alle coppie non sposate, e soprattutto alle donne, una copertura legale. Tra i progetti del governo ci sarebbe anche quello di attribuire a circa due milioni di conviventi il diritto, nell’eventualità di una separazione, del mantenimento e di parte della proprietà condivisa con il partner. Proprio come accade con la separazione dopo un matrimonio.

Altri dati possono aiutare a capire in quale stato di crisi versi il matrimonio. Se negli anni Sessanta solo il cinque per cento delle donne viveva con un uomo prima di sposarsi, negli anni Novanta questa percentuale è salita fino al settanta per cento. Secondo l’Istituto di statistica, il calo dei matrimoni è dovuto anche al pugno di ferro che il governo ha adottato a partire dal 2005 per stroncare il fenomeno delle nozze fasulle a scopi di immigrazione. Ma ovviamente la diagnosi è incompleta perché la crisi ha a che vedere con il clima culturale che si è creato intorno alle nozze. Per le associazioni che difendono la famiglia, infatti, il declino è iniziato molto prima e i motivi sarebbero più di uno: la società sempre più individualistica, i divorzi "lucrativi" per le donne e la tendenza a privilegiare altre necessità, come l’acquisto di una casa, prima di affrontare la spesa del matrimonio.

Un altro elemento importante è il fatto che, come accade anche in Italia, le convivenze sono ormai accettate socialmente, al punto che una metà dell’esecutivo di Tony Blair la scorsa settimana a Westminster si chiedeva addirittura se la promozione del matrimonio sia corretta dal punto di vista politico oppure, al contrario, se non implichi che i bambini di genitori non sposati vengano in qualche modo considerati come "inferiori" agli altri...

Pochi giorni fa Alan Johnson, uno degli alleati più vicini al premier e candidato a diventare vice primo ministro quando Blair, come previsto, lascerà il timone in autunno, ha spezzato una lancia a favore dei genitori singoli. «La famiglia moderna – ha detto Johnson in un discorso alla Camera dei Comuni – non è sempre una famiglia sposata. Il matrimonio può provvedere stabilità ma non è per tutti». Johnson, che è stato cresciuto dalla sorella quattordicenne dopo la morte dei genitori, ha continuato sottolineando che «la cosa fondamentale in una famiglia non è ciò che sono i genitori ma ciò che fanno».

Parole che sono state criticate dal leader della Chiesa Anglicana, l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, il quale ha sottolineato che «certi discorsi fatti dalla classe dirigente di Londra, i cui matrimoni spesso falliscono, sono poco convincenti e ci fanno capire che essi non ne apprezzano i benefici e non considerano i costi dei fallimenti per la società».

Altrettanto ambiguo è stato il discorso di Tony Blair, il quale ha prima di tutto sottolineato l’importanza del matrimonio dicendo che «ovviamente è meglio crescere i bambini in una relazione stabile. Ovviamente il matrimonio è importante», ma, ha continuato il leader, «il matrimonio non è sempre la risposta ai problemi delle famiglie».

Riguardo ai comportamenti anti-sociali di molti adolescenti britannici, che detengono molti primati in Europa tra cui l’uso di droga e alcol e le gravidanze tra minorenni, «questi non sono problemi che riguardano i figli delle coppie non sposate, riguardano tutti. Secondo il mio punto di vista – ha continuato Tony Blair –, il dibattito non deve concentrarsi su matrimonio versus genitori singoli ma su come aiutare a priori le famiglie che hanno difficoltà a tirare su i figli».
Il panorama giovanile britannico, in una società sfilacciata e caratterizzata da legami precari, è decisamente preoccupante. La scorsa settimana il leader dei conservatori David Cameron ha dichiarato che padri troppo assenti e la mancanza di modelli maschili stanno alimentando sempre di più la cultura delle gang.

All’inizio di febbraio tre minorenni sono stati uccisi nel sud di Londra. «È responsabilità del governo – ha sottolineato Cameron – aiutare le famiglie a stare insieme e promuovere una cultura di responsabilità e di rispetto nei confronti dell’autorità».