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montecitorio-in-romeDa Avvenire - Marco Tarquinio - Alleanze e candidature tengono banco nelle cronache politiche di queste ore. Ma già si comincia ad alzare lo sguardo oltre le vicende di questo importante prologo alla campagna elettorale vera e propria.

Per scrutare, con crescente attenzione, le opzioni programmatiche dei vari partiti e capire, dunque, con quali concreti obiettivi di governo le diverse forze in campo intendono battersi per ottenere il voto degli italiani. Del resto, già da qualche giorno, è tutto un fiorire di promesse e di anticipazioni: dal «programma di parte» di Bertinotti al «programma choc» di Berlusconi, dai «dodici punti» di Veltroni ai «dieci punti» di Casini. Un paio di suggestive proposte, poi, sono già state abbozzate pubblicamente: il compenso legale minimo lanciato dal Pd e l'abolizione dell'Ici riproposta dal Pdl. Ma stavolta più di ogni altra volta - certo a causa delle deludenti esperienze del passato recente - le neutrali calcolatrici degli specialisti hanno provveduto a zavorrare questa e quella delle relative (e miliardarie) cifre di spesa e di conseguenti e stringenti interrogativi.

Emerge, insomma, un diverso e più esigente modo di guardare alle promesse della politica al quale sarebbe saggio che corrispondesse una finalmente schietta (e realmente rinnovatrice) attitudine di partiti e schieramenti a indicare direzioni di marcia realistiche e mète limpide e raggiungibili. Una svolta tre volte opportuna: per i tempi di vacche magre che incombono su tutta Europa (e di più sull'Italia), per i doveri di sobrietà che c'impone il nostro debito pubblico (sotto la strenua vigilanza della Ue), per il giusto rispetto verso cittadini-elettorali sempre più delusi e ai quali troppo spesso in questi anni ci si è rivolti o con imbonimenti o con sentenzioso paternalismo.
Per le forze candidate al governo del Paese è il momento, in altre parole, di tenere i piedi bene in terra e di fare più acuto lo sguardo sul futuro. Perché essere realisti non vuol dire affatto limitarsi al piccolo cabotaggio, rinunciando a scegliere una rotta precisa e a darsi grandi compiti. Significa fare l'una e l'altra cosa con chiarezza, quella chiarezza che rende lineare il rapporto tra chi vota e chi chiede di essere votato. E significa farlo in modo sostenibile, con quella sostenibilità che si declina sia sul piano delle compatibilità economico-finanziarie sia su quello della tenuta politica della propria parte sia su quello, cruciale, dell'elaborazione progettuale in materie eticamente sensibili. Un problema quest'ultimo - è inevitabile sottolinearlo - che coinvolge in maniera particolarmente pesante il Pd dopo la squassante scelta di Veltroni di imbarcare nella sua lista, originariamente schierata sotto le insegne dell'autosufficienza, l'intero stato maggiore del Partito radicale.

Qui e ora, tuttavia, ai partiti e ai candidati premier vorremmo porre soprattutto una questione di metodo.

Chiedendo loro due cose. La prima è di essere assolutamente onesti con noi elettori, dicendo che cosa intendono fare e dicendolo in maniera esatta e il più possibile asciutta. Vogliamo, cioè, poter capire e scegliere senza dover consultare 'enciclopedie'. E senza essere costretti a guardare i programmi con la lente d'ingrandimento o in controluce. La seconda - anche se a qualcuno la formula sembrerà un po' enfatica - è di rispettare la verità del Paese. Siamo più che mai convinti che soltanto se si faranno sul serio i conti con la realtà italiana - e dunque non con le urgenze presunte, ma con le reali e pressanti emergenze della nostra gente - proposte e priorità appariranno adeguate e i diversi progetti di governo risulteranno plausibili.

Ci aspettiamo troppo? Forse. Ma siamo sicuri di non sbagliarci se diciamo che la nostra e la stessa attesa di tanti, tantissimi italiani. Che non sono distratti. E il 13 e il 14 aprile vogliono poter votare a ragion veduta.