Etica

Uno spin doctor politico per l'Italia

mirror de www.ilcattolico.it

per aiutare una coscienza politica e le scelte referendarie.

NOTA! Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili.

Se non si modificano le impostazioni del browser, l'utente accetta. Per saperne di piu'

Approvo

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Navigando questo sito, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di piĆ¹ vai alla pagina della legislazione europea e clicca qui

 

 

Attualmente sono all'esame della Commissione "Igiene e Sanità" del Senato undici progetti di legge sull'argomento, presentati nell'arco temporale intercorrente tra la fine di aprile e il mese di novembre del corrente anno.

 

Ben poche notizie circa i contenuti di tali progetti di legge sono giunte dagli organi di informazione.

Può dunque essere opportuno analizzarne i tratti salienti, augurandosi davvero che si possa giungere al più presto ad una soluzione legislativa largamente condivisa che tuteli appieno la vita umana anche nella sua fase terminale.

 

Esaminando i primi progetti di legge presentati, si scopre che i progetti di legge Marino (Pd), Tomassini (Pdl) e Massidda (PdL) hanno contenuti in larga parte analoghi.

 

Tali progetti di legge, oltre a sancire il principio secondo cui il trattamento sanitario è subordinato all'esplicito consenso dell'interessato (tranne che nei casi di assoluta urgenza), contemplano la possibilità di rilasciare dichiarazioni anticipate di trattamento in forma scritta (nel progetto Massidda denominate "testamento di vita" ), revocabili in qualunque momento, mediante le quali l'interessato potrebbe dettare disposizioni in merito all'accettazione o al rifiuto dei trattamenti sanitari che dovessero rendersi necessari in futuro.

 

Una previsione analoga è contenuta anche nel progetto di legge presentato dal senatore Musi (Pd), nel quale è altresì precisato che le dichiarazioni anticipate di trattamento potrebbero prevedere anche il rifiuto dei «cosiddetti trattamenti di sostegno vitale quali la ventilazione, l'idratazione e l'alimentazione artificiale». A proposito di tali trattamenti, il progetto Tomassini con una previsione dalla formulazione tutt'altro che felice, stabilisce invece che «l'idratazione e l'alimentazione parenterale non sono assimilate all'accanimento terapeutico» (di cui peraltro il progetto di legge non fornisce una definizione), senza tuttavia chiarire se le dichiarazioni anticipate di trattamento potrebbero riguardare o meno anche queste forme di sostegno vitale.

 

I progetti Marino, Tomassini e Massidda prevedono poi che le direttive contenute nelle dichiarazioni anticipate di trattamento siano impegnative per le scelte sanitarie del medico. Quest'ultimo potrebbe disattendere tali dichiarazioni soltanto quando esse fossero divenute inattuali sulla base degli sviluppi delle conoscenze scientifiche e terapeutiche; secondo quanto previsto nel progetto Marino, nell'effettuazione di questa valutazione il medico sarebbe comunque tenuto ad acquisire il parere del comitato etico della struttura sanitaria interessata e ad adeguarvisi e non potrebbe dunque mai decidere autonomamente di disattendere le direttive contenute nelle dichiarazioni anticipate di trattamento.

 

Nessuno dei progetti in questione indica un termine temporale massimo di validità delle dichiarazioni anticipate di trattamento, il che sancirebbe definitivamente la negazione del principio, enunciato anche dalla giurisprudenza precedente alle sentenze della Cassazione sul caso Englaro, della necessità dell'attualità del consenso all'effettuazione dei trattamenti sanitari ovvero del rifiuto degli stessi.

 

I progetti di legge in esame prevedono poi che nell'ambito delle dichiarazioni anticipate di trattamento si possa (progetti Marino, Massidda e Musi) ovvero si debba (progetto Tomassini) nominare un fiduciario cui affidare l'esecuzione delle disposizioni di cui alle dichiarazioni stesse.

 

In mancanza di indicazioni nell'ambito delle dichiarazioni anticipate di trattamento, il fiduciario, al pari degli altri soggetti tenuti a dare attuazione a tali dichiarazioni, dovrebbe operare «nell'esclusivo e migliore interesse dell'incapace», tenendo altresì conto «dei valori e delle convinzioni notoriamente proprie della persona in stato di incapacità».

 

È evidente, con riguardo a quest'ultimo profilo, il riferimento ai criteri introdotti dalla Cassazione nel caso di Eluana Englaro.

Con un'importante notazione. Ove questi progetti fossero approvati, per certi aspetti si andrebbe addirittura oltre a quanto sancito dalla Cassazione nella vicenda Englaro.

 

Anche in presenza di dichiarazioni anticipate di trattamento, infatti, il fiduciario del soggetto che ha reso tali dichiarazioni potrebbe rifiutare per conto del rappresentato trattamenti sanitari che si rendessero necessari per quest'ultimo, anche se nelle dichiarazioni anticipate l'interessato non abbia affatto espresso la volontà di sottrarsi a quei determinati trattamenti.

 

Appare del tutto evidente che previsioni di questo tipo si muovono nella direzione opposta a quella indicata da molta parte dell'opinione pubblica e da alcuni rappresentanti del Governo, secondo cui uno degli intenti principali della futura legge sarebbe quello di evitare altri "casi Eluana".

 

C'è da augurarsi che il Parlamento ne tenga adeguatamente conto.



Seconda parte
 

Prosegue il viaggio di Riccardo Marletta, avvocato e membro della Libera Associazione Forense, nell'analisi dei disegni di legge in discussione in commissione al Senato per arrivare a una legge sul fine vita da più parti auspicata. Oggi sono presi in considerazione i ddl VERONESI (Pd), PORETTI (Pd) e CARLONI (Pd). In questi progetti di legge, anche se si esalta il principio di autodeterminazione dell'individuo, lo si fa solo in modo funzionale ad introdurre in Italia l'eutanasia: la battaglia culturale e politica, a questo punto, è più che mai accesa.

 

Tra i progetti di legge sul fine vita in discussione nella Commissione “Igiene e Sanità” del Senato, certamente quelli presentati dai senatori del Partito Democratico Veronesi, Poretti e Carloni si caratterizzano per la dichiarata intenzione di attribuire la massima rilevanza al principio dell’autodeterminazione assoluta dell’individuo in questo campo.

 

Così nella relazione accompagnatoria del progetto di legge Poretti si precisa addirittura che il progetto “individua nel consenso della persona l’unico fondamento giuridico posto alla base dell’attività medica: non riconosce ad essa altra legittimazione se non la volontà della persona”.

 

Esaminando nel merito le previsioni di questi progetti di legge, si scopre però che sovente tale già di per sé discutibile principio viene di fatto sacrificato a favore della logica di cercare di estendere quanto più possibile la possibilità di rifiuto dei trattamenti sanitari, anche laddove non vi sia ragionevole certezza circa l’effettiva volontà manifestata dal soggetto o circa l’attualità della stessa.    

 

I progetti di legge in esame prevedono la possibilità di rilasciare dichiarazioni anticipate di trattamento, mediante le quali gli interessati potrebbero esprimere la volontà di non sottoporsi a trattamenti sanitari al sopraggiungere di eventi che comportino la perdita della capacità naturale.

 

Nessuno dei progetti in questione prevede un termine temporale massimo di validità di tali dichiarazioni e tutti precisano che le stesse sarebbero vincolanti per medici ed operatori sanitari.

 

Il solo progetto di legge Veronesi contempla la possibilità dell’obiezione di coscienza, prevedendo che “qualora il medico non condivida il principio del diritto al rifiuto delle cure, si astiene dal curare il malato, lasciando il compito assistenziale ad altri”.

 

In omaggio al principio dell’autodeterminazione ad ogni costo il progetto Veronesi specifica poi che le dichiarazioni anticipate possono essere redatte da “ogni persona” e dunque, stando al tenore letterale della previsione, anche da minori di qualunque età e da soggetti in stato di incapacità.

 

Viceversa il progetto Poretti prevede che le dichiarazioni anticipate di trattamento possano essere presentate a partire dai 14 anni, un’età in cui una persona non può nemmeno richiedere la carta d’identità, è ben lontana dal poter decidere autonomamente dove vivere o, molto più banalmente, di restare a casa da scuola per un giorno o dal poter esercitare il diritto di voto alle elezioni politiche, ma avrebbe ex lege la maturità per decidere in merito all’accettazione o al rifiuto di trattamenti da dipendono la vita o la morte.

 

I progetti in esame precisano altresì che il rifiuto potrebbe riguardare l’alimentazione e l’idratazione artificiale (Veronesi e Poretti) e per mano di terzi (Poretti). Con riferimento a quest’ultima previsione resta da comprendere, a tacer d’altro, come possa essere definita “trattamento sanitario” che potrebbe essere rifiutato, l’azione di chi, senza possedere alcuna competenza medica, imbocchi un parente o un amico che non è in grado di alimentarsi da solo.
Stando alle previsioni del progetto Poretti potrebbe inoltre accadere di aver espresso una dichiarazione anticipata di trattamento senza saperlo.

 

Secondo tale proposta, la dichiarazione di accettazione o di rifiuto di un trattamento sanitario effettuata nel momento in cui tale trattamento dovrebbe essere prestato “resta valida e vincolante per i medici curanti anche per il tempo successivo alla perdita della capacità naturale ovvero alla perdita della facoltà naturale”.

 

Il che significa che un soggetto che rifiutasse un determinato trattamento nel momento in cui se ne presenta la necessità o l’opportunità, in assenza di una successiva espressa dichiarazione di segno contrario, rimarrebbe vincolato a quella decisione anche se nel frattempo avesse mutato determinazione o anche qualora il rifiuto fosse stato legato a valutazioni contingenti e non avesse avuto, nell’intenzione dell’interessato, indicazione di portata generale.

 

Il rischio di allontanarsi dalla volontà che l’interessato esprimerebbe nel caso concreto è ancora più evidente con riferimento ad altre previsioni contenute nei progetti in esame.
Così il progetto Veronesi precisa che sarebbe consentito delegare una persona di fiducia “a decidere in merito al trattamento sanitario”.

 

Anche secondo il progetto Poretti il fiduciario dovrebbe esprimersi circa l’accettazione od il rifiuto delle cure anche in assenza di dichiarazioni anticipate di trattamento; previsioni analoghe sono contenute anche nel progetto Carloni, il quale peraltro prevede che, su richiesta dell’istituto di ricovero o di cura ovvero “di chiunque sia venuto a conoscenza dello stato di incapacità”, il giudice tutelare dovrebbe comunque provvedere alla nomina del fiduciario.

 

Ove queste previsioni diventassero legge, i fiduciari si potrebbero dunque trovare a decidere della vita e della morte di una persona senza che l’interessato abbia fornito indicazioni circa i trattamenti che vuole accettare e a quelli che intende rifiutare; si aprirebbe inoltre di fatto la possibilità che, ove tali indicazioni non siano state formalizzate, i fiduciari decidano in difformità dalle stesse.

 

Inoltre un soggetto che avesse liberamente deciso di non indicare alcun fiduciario, rischierebbe di vedersene assegnato uno “d’ufficio” nel caso di sopravvenuta incapacità.
Con buona pace del principio di autodeterminazione dell’individuo solennemente proclamato nei progetti di legge in esame.


Terza parte

Oggi si conclude la sintetica presentazione dei progetti di legge sul fine vita attualmente all'esame della Commissione "Igiene e Sanità" del Senato, con l'illustrazione delle iniziative dei senatori Baio ("Teodem" del PD, che in precedenza aveva presentato un primo progetto riguardante soltanto il "consenso informato"), Rizzi (Lega) e Bianconi (PdL).
Tra tutte le proposte analizzate, i progetti ora citati appaiono certamente i più rispondenti al principio di tutela della vita come bene indisponibile, da sempre presente nel nostro ordinamento e messo fortemente in discussione nelle decisioni relative alla vicenda Welby e (ancor più) nel caso Englaro.

 


Così il progetto della senatrice Baio riconosce "il valore inalienabile e indisponibile della vita umana anche nei momenti in cui la persona appare più fragile" ed i progetti Rizzi e Bianconi contengono un'espressa previsione di divieto di eutanasia e di suicidio medicalmente assistito.
Tutti i tre progetti, oltre a sancire il principio generale della necessità del "consenso informato" ai fini dell'effettuazione di trattamenti sanitari, contemplano la possibilità di esprimere preventivamente le volontà in relazione ai trattamenti di cui dovesse porsi la necessità o l'opportunità a seguito del sopraggiungere di eventi che comportino la perdita della capacità naturale. Ciò non senza porre tuttavia condizioni e limiti alla validità di tali manifestazioni anticipate di volontà.

 


Nella proposta Baio è specificato che le dichiarazioni anticipate di trattamento potrebbero essere formulate soltanto da soggetti maggiorenni e avrebbero validità di tre anni, decorsi i quali le stesse perderebbero ogni efficacia.
Secondo tale proposta, la volontà espressa nella dichiarazione anticipata di trattamento andrebbe "tenuta in considerazione dal medico curante in accordo con il fiduciario"; al personale medico e sanitario sarebbe comunque riconosciuto il diritto all'obiezione di coscienza.

 


Peraltro il progetto Baio non circoscrive chiaramente il possibile contenuto delle dichiarazioni anticipate di trattamento.
In particolare, se dal contenuto della proposta si evince che, nell'ambito della dichiarazione anticipata di trattamento, la sospensione dei trattamenti sanitari di sostegno vitale potrebbe essere richiesta qualora gli stessi "configurino una forma di accanimento diagnostico e terapeutico, sulla base delle conoscenze scientifiche", non è tuttavia chiaro (e la questione non è di poco conto) se tali limiti varrebbero anche per quanto concerne l'attivazione dei trattamenti medesimi.
In ogni caso il progetto Baio prevede che "la dichiarazione anticipata di trattamento non si applica nel caso in cui il paziente versi in pericolo di vita" e precisa che l'idratazione e l'alimentazione anche artificiali non possono essere oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento "e pertanto sono comunque e sempre garantite al paziente, anche in stato di coma persistente".

 


Quanto invece alla proposta Rizzi, essa specifica che "eventuali manifestazioni di volontà presentate in qualsiasi momento dal paziente certificanti la determinazione del singolo di porre fine alla propria esistenza" verrebbero prese in considerazione ai fini della sospensione dei trattamenti in relazione ai quali si configuri un accanimento terapeutico, ma non avrebbero "alcun valore vincolante nei confronti del personale medico o sanitario curante", per quanto riguarda attività che (sotto forma di azione o di omissione) abbiano finalità eutanasiche. In realtà, in considerazione della circostanza che, come sopra precisato, il progetto prevede il divieto di qualunque forma di eutanasia, sarebbe stato più coerente stabilire tout court l'assoluta inefficacia di siffatte dichiarazioni in luogo di limitarsi a prevedere che le stesse non abbiano "valore vincolante".
Il progetto Bianconi introduce il concetto di "alleanza terapeutica" tra paziente e medico, prevedendo che la stessa sia tradotta in un "piano di cura" nel quale indicare altresì le volontà del paziente stesso con riferimento ai trattamenti sanitari che in futuro dovessero rendersi necessari od opportuni.
La proposta precisa tuttavia che sarebbe "vietato inserire nel piano di cura indicazioni volte a cagionare la morte del paziente, anche attraverso condotte omissive, o di sospensione di alimentazione, idratazione e ventilazione".

 


Anche per quanto riguarda le persone in stato di incapacità legale, incapaci di intendere e volere e minorenni, il progetto Bianconi prevede che il relativo piano di cura non potrebbe "contenere il rifiuto di trattamenti sanitari utili alla vita e alla salute del paziente".
Il progetto in esame prevede inoltre che, in assenza di un piano di cura, il medico dovrebbe provvedere tenendo altresì in considerazione i desideri di cui abbia conoscenza, "espressi in precedenza dal paziente maggiorenne" e che se ritenesse di non adeguarsi a tali desideri, sarebbe tenuto ad esprimere le motivazioni della decisione nella cartella clinica. La proposta precisa tuttavia che anche in questo caso il medico non potrebbe "dare seguito a desideri orientati a cagionare la morte del paziente, anche attraverso condotte omissive, o alla sospensione dell'alimentazione, dell'idratazione e della ventilazione".

 


Non è possibile approfondire ulteriormente in questa sede l'esame di questi progetti, come invece sarebbe necessario.
Ritengo comunque che, nell'ambito degli stessi, si possano certamente trovare spunti per la definizione di un intervento legislativo che tuteli adeguatamente la vita umana nella sua fase terminale.


© Sussidiario.net