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Da un lato - e qui sono in molti ad essere d’accordo - si potrebbero studiare nuove forme di aiuto alle madri con gravidanze difficili. Ma non basta. La norma giuridica non può limitarsi alle esortazioni. Il diritto ha un unico linguaggio: stabilire precetti e divieti, e presidiarli con una sanzione. Non è detto che questa sanzione debba essere il carcere, soprattutto quando ragioni di umanità suggeriscono clemenza e comprensione. Ma la pietà non può fare velo alla necessità di tutelare un bene giuridico fondamentale come quello della vita umana. L’infanticidio è, ad esempio, un delitto che mette insieme una colpa oggettivamente gravissima e una condizione spesso fragilissima della madre colpevole. Eppure, nessuno ha proposto - almeno per ora - di depenalizzare questo reato. Ora, se una tutela giuridica deve essere reintrodotta per il concepito, almeno in alcuni casi, si dovrà avere il coraggio di utilizzare anche l’arma della minaccia sanzionatoria. Se la discussione sulla 194 aggirerà questi punti cruciali, finirà con l’attorcigliarsi nel solito equivoco, che risponde a una logica di scuola marxista: credere che l’aborto sia un problema economico. Non è così. L’aborto è innanzitutto il prodotto di una cattiva cultura, frutto di una legge che in questi 30 anni ha normalizzato e incentivato l’eliminazione di milioni di cittadini italiani non ancora nati.

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